36 Don Arturo Blasutto, vittima della Chiesa
Se non avessi letto che don Arturo Blasutto di
Monteaperta di Taipana è morto il 17 di settembre, non avrei neanche saputo che
era esistito, e non solo io. Eppure la vicenda mortale di questo servo di Dio è
di una drammaticità scandalosa, come scandaloso è il vangelo.
Dei suoi 81 anni (era nato il 23 di ottobre del ’13),
ne ha trascorsi 18 nella cura delle anime, con una fine dolorosa, e il resto a
casa.
A Oseacco aveva trascorso gli anni tormentati della
guerra vivendo giorno per giorno il mistero della incarnazione anche culturale
e servendo tutti quelli che venivano a chiedere aiuto, guardando al bisogno e
non la militanza ideologica. Questo lo consiglia il vangelo, ma i patrioti e
gli imboscati non gli l'hanno perdonato e lo hanno fatto passare come titino.
Nel ’46 è iniziata la seconda e ultima tappa, a
Liessa. La sua colpa? Adoperare nel ministero la lingua della gente. Da li accuse,
indagini, pettegolezzi, campagne diffamatorie sulla stampa locale e statale. Il
vescovo Nogara gli fece firmare professioni di fede italiana per tenere buoni i
cattivi, che non trovano in lui motivi di condanna. Il brigadiere di Clodig
dice: “Se don Blasutto parlasse in italiano, non avrebbe nessuna accusa”.
In barba alla coerenza e all' innocenza di questo
prete, la curia di Udine gli toglie la parrocchia e don Arturo va a cercare un
boccone di pane di affetto a casa sua, restituendo il sussidio del vescovo. Ha
42 anni, più giovane della pluralità dei preti che oggi sono in servizio. Prima
dice messa in chiesa ma senza campane; poi gli viene inibita anche la chiesa.
Un confino umiliante lungo quaranta anni.
Il calvario di don Blasutto è a livello di Stepinac,
Mindzenty e Beran. Un vicario patisce forse meno di un cardinale? Con la
differenza che i cardinali sono stati condannati dai regimi atei e ritenuti
martiri, mentre Blasutto è stato condannato da un regime democristiano e della
Chiesa e dunque senza indulgenza.
Quelli che non partivano dal vangelo, come i fascisti,
i democristiani, gli italianissimi, i partigiani, i gladiatori e anche gli
spioni, hanno avuto tutti il loro premio. Se erano preti, hanno avuto la croce
di cavaliere e magari anche il colletto rosso di monsignore o canonico.
Lui invece, che era sicuramente più in linea col
vangelo, è stato condannato senza processo e senza appello.
Nogara ha fatto il peggio, Togliendogli la parrocchia.
Ma neanche i vescovi seguenti non sono stati da meno. Difatti non gli hanno
dato nè un paese nè un titolo, se non altro per onorare i suoi di casa, che lo
assistevano. Nel ’56, con Zaffonato, Blasutto
aveva 43 anni. Nel ’73, con Battisti, ne aveva 60. In piena stagione.
Riguardo a un titolo ecclesiastico, guardando certe ghigne e certe carriere
premiate, non avrebbe sicuramente sfigurato.
Il vescovo gli ha dato ragione nella cassa. Non è
troppo tardi, soprattutto per il povero prete? Viene di pensare a quella pagina
tremenda del vangelo sui farisei che danno ragione ai profeti morti,
testimoniando di essere figli di quelli che li hanno uccisi (Mt 23,29-31).
Fra poco torneranno a piangere sul seminario vuoto.
Possono chiedere altra semente dopo avere impiegata malamente quella che Dio ci
aveva inviata? Può il Signore ascoltarci? Sono il seminari e la diocesi
che hanno bisogno di lui, non lui di loro. Secondo me, gli converrebbe fare
venire fuori figli di Abramo dai sassi (Mt 3,9). Farebbe meno fatica e avrebbe
più soddisfazioni.
Grazie per averlo ricordato!Olga
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